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365 di questi giorni

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Tags: 8marzofesta della donnalavorodiscriminazione
Avvertenza: questo post NON contiene tracce di ipocrisia, buonismo e femminismo spicciolo!

Nastrini, spillette, cortei e manifestazioni varie abbondano in un giorno che, andrebbe ricordato, più che una feste dovrebbe assumere i toni di una commemorazione, in quanto ciò che si celebra è il ricordo di uno degli eventi più luttuosi non solo del mondo femminile ma di quello lavorativo in generale.
Ed è proprio da questo pensiero che nasce una riflessione su questo giorno che, in molte azienda, spesso viene sfruttato per un comodo lavaggio di coscienza a basso costo! Tutti, oggi, si riscoprono paladini della parità di genere, della dignità delle donne e, per non farsi mancare nulla, magari ci aggiungono un pizzico di elogio della superiorità femminile, qualche sprusso di esempi di eroine del passato e, perché no, un commovente ricordo della propria maestra o professoressa che rimarrà per sempre nel cuore.
E, dal giorno dopo, si ricomincia a dare priorità ai colleghi uomini, favorire la carriera dirigenziale dei maschi e, soprattutto, a rendere ineluttabilmente più complicata la vita aziendale delle donne con modelli organizzativi, imposizioni e scelte che penalizzano il genere femminile.
Sono le due facce delle aziende più apparentemente illuminate, in cui, guarda caso, l'80% dei dirigenti è maschio, in cui il lavoro part time (spesso richiesto da donne che provano a conciliare la carriera con alcune esigenze familiari, come l'allattamento o la cura dei figli) è sinonimo di vicolo cieco della carriera, in cui uscire dall'ufficio in tarda serata non solo è prassi ma è persino considerata una "best practice" di fatto... sebbene, chiaramente, in pubblico (e spesso anche stesso in aizenda) sia paventata come una abitudine assolutamente deprecata.
Il potere della discriminazione (di genere così come quella razziale, sia chiaro!) è proprio nel suo essere subdola: nella possibilità di dichiarare e mostrarsi in un modo e poi agire nell'esatto contrario, ma in maniera sommersa, quasi invisibile, usando l'ironia (spesso volgare e sguaiata) come valvola di sfogo dei pensieri che si hanno ma che non sono politically correct... chiaramente sfoggiata in contesti esclusivamente maschili o in presenza di donne in ruoli subalterni e, dunque, "costrette" a ridere fingendo di credere che siano davvero solo battute.

Tutta colpa dei maschi e degli imprenditori uomini? Assolutamente no! Ma prima di leggere la frase che segue, è bene ricordare l'avvertenza di inizio post perché potrebbe risultare indigesta ai fautori (e fautrici) della lotta al maschilismo imperante.
Per onestà intellettuale è giusto riconoscere anche le responsabilità (indubbiamente minori!) di quelle donne, di quel femminismo dominante che, puntando a recuperare i danni subiti cerca di ribaltare la situazione addirittura invertendo la tendenza. Sono i club e le associazioni solo al femminile, gli eventi solo per donne, ecc, tutte con lo scopo di affermare la parità ma essendo le prime a disconoscerla!
L'obiettivo non dovrebbe essere dimostrare che si può fare a meno degli uomini, ma che insieme si lavora meglio, che bisogna sempre essere messi in condizione di operare in maniera ottimale e che i meriti vanno riconosciuti indipendentemente dal genere di chi li ha. Non è rintanandosi in ambienti protetti che lo si attesta (facile avere il consenso di chi la pensa come te) ma facilitando il confronto, battendosi per leggi più eque non semplicemente in termini di quote rosa ma di parità di trattamento, di tutela delle esigenze familiari (e questo valga per uomini quanto per donne), di rispetto della donna: tanto del suo corpo quanto del suo cervello!
Risultati che si possono avere solo se uomini e donne si impegnano insieme, con passione e convincimento. Risultati che non si possono avere un giorno l'anno ma a cui si deve pensare e ambire costantemente.

Ci sono ragazzi che raccontano alle proprie fidanzate che non fanno regali e non vogliono festeggiare l'8 marzo perchè per loro ogni giorno è la festa della donna... E alcuni (e alcune) ci credono davvero!!
A parte gli scherzi, la verità è che in un contesto lavorativo realmente equo, non ci sarebbe bisogno di una data sul calendario per ricordarsi della parità di genere, anzi, probabilmente, ci sarebbero molte meno spillette e nastrini ma molti più posti di lavoro e riconoscimenti per quelle donne che se lo meritano!




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